Verticalizzazione è uguale a innovazione? Ma è sempre vero?

giugno 24, 2021
Ultimamente si sente spesso parlare di una nota azienda americana dell'automotive che ha fondato il proprio successo su un modello imprenditoriale tutto verticale molto intraprendente e al contempo rischioso per perseguire innovazione e velocità. Ma tutto questo successo è un caso o è veramente solo grazie alla verticalizzazione che un'azienda può sfondare?

Ma cosa si intende per assetto organizzativo verticale?

Iniziamo con il definire che cosa si intende quando sentiamo parlare di verticalizzazione. Essenzialmente, quando un’azienda sceglie un modello verticale significa che ha la forza economica per investire in una produzione totalmente interna, il che non significa necessariamente dover avere stabilimenti enormi e personale da formare per poter produrre tutto, ma è sufficiente acquisire aziende che abbiano già il know-how e l’expertise necessaria. Per rimanere in piedi un’azienda di questo tipo deve per forza essere interconnessa, organizzata e precisa, altrimenti se si lascia qualcosa al caso è facile perdere di vista l’obiettivo. La mole di informazioni da gestire è altissima perché sono coinvolti più compartimenti che devono comunicare tra loro in modo efficiente, snello e automatico. Un altro vantaggio è la forza di contrattazione con i fornitori delle poche lavorazioni che vengono terziarizzate, questo perché i volumi di produzione sono elevati e quindi allettanti per qualunque fornitore che sarà dunque più propenso a proporre un prezzo vantaggioso. Con un assetto totalmente verticale il rischio è molto alto, perché nel momento nel quale le condizioni di mercato non sono favorevoli per la nicchia di specializzazione, è complesso cambiare prodotto. Diversificare è al contempo difficile perché è impossibile avere internamente il 100% delle conoscenze necessarie per fare prodotti personalizzati e quindi spendibili in svariati mercati. Quindi da un lato abbiamo l’innovazione e la velocità con la diminuzione del tasso di ritardi e stop di produzione e dall’altro abbiamo un rischio imprenditoriale enorme.

E orizzontale?

Un’azienda che fa una scelta direzionata all’orizzontalità ha come obiettivo quello di essere esperto e competente al massimo nel proprio core business e nella gestione delle lavorazioni necessarie per la produzione del pezzo finito. Il che non significa avere la totale conoscenza anche delle lavorazioni che vengono fatte in esterno, ma di avere le competenze necessarie per identificare i fornitori giusti e analizzare insieme la strada migliore da percorrere per soddisfare i requisiti del cliente finale. Questo è indubbiamente un vantaggio perché è possibile offrire prodotti su misura e non necessariamente basati su un catalogo prestabilito. Va da sé che una produzione di questo tipo debba necessariamente essere più piccola rispetto a quella proposta da un’azienda verticalizzata che spesso ha volumi tanto elevati da giustificare l’investimento in impianti, risorse e gestionali. Nel tempo terziarizzare è diventato molto più semplice, spostare le produzioni in Asia ancora più vantaggioso in termini economici. Tutto perfetto, se non fosse che il know-how che abbiamo insegnato all’altra parte del mondo sia diventato il nostro diretto concorrente. Molte delle economie che sono state considerate emergenti nell’ultimo ventennio, si sono quasi totalmente sviluppate e ultimamente hanno anche avuto un’accelerazione tecnologica esponenziale. Rimaniamo su questo discorso, perché ad un certo punto sarà più vantaggioso verticalizzare visto che la concorrenza sarà talmente forte che non solo i clienti, ma anche i fornitori avranno molto più potere contrattuale di quanto non abbiano già.

Rivoluzione industria 4.0

In quest’ottica di transizione è interessante focalizzarsi sul fatto che da sempre la maggior parte delle aziende italiane ha fatto una scelta in direzione di un assetto orizzontale piuttosto che verticale, questo perché molte avevano e hanno tutt’ora una management tradizionale e famigliare. Una scelta orizzontale porta con sé, come quella verticale, vantaggi e svantaggi degni di valutazione. Tutto dipende dagli obiettivi e dalla mission aziendale; per esempio se guardiamo al caso di una nota azienda statunitense in ambito automotive è raro trovare un costruttore di auto che decida di verticalizzare la quasi totalità della propria produzione, perché è molto costoso, rischioso, ma l’innovazione è più lenta e graduale. Quindi se si ha deciso di basare tutto sulla velocità di innovazione, è inevitabile una scelta del genere.

Per arrivare a un’organizzazione simile è necessario essere tecnologicamente avanzati per permettere a ogni compartimento dell’azienda di scambiarsi informazioni in modo interconnesso e istantaneo. Questo richiede un costante aggiornamento tecnologico per la gestione dei processi produttivi e delle risorse.
 
Quindi la verticalizzazione è sempre sinonimo di innovazione?

In G.S.I. crediamo che dipenda molto dal proprio obiettivo, dal momento storico e dallo sviluppo che si vuole dare alla propria azienda. Crediamo che fare prodotti personalizzati con un assetto totalmente verticale non sia possibile, forse una forma ibrida potrebbe essere un approccio interessante.

Voi cosa ne pensate? Credete in un approccio o bianco o nero, oppure preferite avere una visione più flessibile?

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